di Nicoletta Giancola
Ancora una volta in macchina, ancora una volta una situazione vista tante altre volte oggi mi ha colpita, forse non l’avevo mai guardata, forse oggi ho sentito che dovevo soffermarmi più a lungo. Quanto a lungo? Un’istante. Ma concederci di stare nel momento senza affrettarci (illusoriamente) a raggiungere quello successivo ci apre alla grazia di essere disponibili ad accogliere meglio ciò che stiamo vivendo.
Un campo di terra, marrone, umida, con zolle come onde che facevano intravedere ciuffi d’erba, alcuni più esili alternati ad erbe più cicciotte di un verde intenso.
Presa ad osservare quante nuove piante ci fossero sono stata sorpresa da una riflessione: imparare ad essere come la terra. Per quante volte viene smossa, tagliando e sradicando ciò che è sorto da essa, non cessa di rifiorire, incessantemente.
Alla prima domanda: “riesco ad essere come la terra? Riesco a continuare ad essere fertile e creativa quando tutto viene tolto, quando non c’è più nulla?” Alla disfatta e all’impotenza segue un senso forte e saldo: “sono come la terra”. Ma c’è un limite: ricordarselo. Ricordarsi di essere vivi e di percepire l’energia vitale scorrere, non dobbiamo fare altro, semplicemente permettere che sia.
La terra non sceglie quali piante cresceranno o quante, ma è disponibile. Impariamo ad essere altrettanto disponibili e lasciamo che spontaneamente nascano le situazioni che, come le piante, sono le più adatte a noi. Magari noi ne vorremmo delle altre ma come su ogni terreno crescono le specie più adatte, così in noi, nella nostra vita, incontriamo esattamente ciò che più si adatta a noi e come non c’è nemmeno un filo d’erba nato sbagliato, così è per ciò che viviamo.
Impariamo ad osservare questo ogni giorno e impariamo a nutrirci della perfezione che osserviamo intorno a noi in modo da imparare a riconoscerla in noi stessi.
Citando un autore che condivido spesso: “il mondo è bello, siamo noi ad essere ciechi“.