di Nicoletta Giancola
Quanto è difficile rendersi conto delle diverse possibilità di visione, e a cosa sono dovute?
Rendersi conto che la realtà che osserviamo è soggettiva e non oggettiva è tra le cose più difficili da tenere a mente ogni volta che ci relazioniamo con qualcuno. Quando ci confrontiamo non teniamo in considerazione che noi e il nostro interlocutore parliamo in base al nostro punto di vista, ma questo è fondamentale se vogliamo provare a comprenderci.
La realtà che osserviamo è soggettiva proprio perché sono i nostri occhi il punto di osservazione da cui parte la visione: paradossalmente, ognuno di noi vede, percepisce e registra lo stesso colore con una sfumatura unica, dovuta all’unicità strutturale e funzionale del suo proprio occhio.
Per visione si intende la percezione degli stimoli luminosi da parte di un organo sensoriale (appunto, l’occhio), e la loro trasmissione e successiva elaborazione a livello del cervello, con il risultato della “proiezione” interna di un’immagine, speculare all’oggetto. È la luce a stimolare le nostre cellule, che inviano di seguito impulsi elettrici che verranno tradotti ed elaborati per suggerirci ciò che stiamo vedendo.
Come può dunque essere oggettivo ciò che osservo se tutto dipende dall’elaborazione di ciascuno? E soprattutto se ciò che arriva all’occhio altro non sono che frequenze luminose?
Comprendete quanto pensare di far capire all’altro ciò che noi percepiamo senza considerare queste premesse possa essere un’impresa inutile e dispendiosa. Partiamo piuttosto dal ricordarci che il nostro punto di osservazione e di elaborazione è unico, esattamente come quello dell’altro, e se non si è disposti a provare ad accogliere ed ascoltare veramente allora la maggior parte dei confronti fatti sarà solo o un darsi ragione a vicenda o far prevalere uno dei due punti.
Se consideriamo inoltre che nel processo di elaborazione da parte del cervello sono comprese anche le esperienze vissute, sia in senso affettivo che mnemonico, ancora di più risulta che quando ci si comprende è un vero miracolo.
Un esempio che può tornarci utile per capire tutto questo è immaginare due persone in dialogo mentre percorrono insieme un sentiero in montagna.
Anche trovandosi a fare lo stesso percorso, come detto sopra, ognuno di loro farà un’esperienza altamente personale: la visione del paesaggio, per quanto simile, sarà molto diversa e più o meno ricca di particolari.
Se poi ad un certo punto uno dei due decidesse di fermarsi, e l’altro decidesse di proseguire, sarà ovvio che risalendo la montagna la possibilità di ammirare e comprendere rispetto al proprio punto di osservazione sarà ancora più completa e ricca. Immaginiamo che il primo, fermo in una foresta, aspetti il secondo che intanto gode del cielo sgombro e dell’aria fresca del monte.
Ridiscesi, non gioverà a nessuno dei due discutere delle reciproche diversità, se sia meglio il bosco o l’alta montagna, ma probabilmente al primo farà piacere sapere che più in alto, seguendo un certo sentiero, il clima e il paesaggio offrono una diversa vista, e al secondo piacerà sentire il primo raccontare dei diversi particolari che non aveva afferrato. Se entrambi non tenessero in considerazione i diversi punti di osservazione, sarebbe molto difficile rispettare le reciproche differenze.
Così, per cercare di avere una visione sempre più ampia, ci dobbiamo ricordare che occorre salire in verticale, senza dimenticarsi di ciò che si è osservato nei diversi livelli della risalita: solo così possiamo permetterci di comprendere sempre meglio sia l’altro sia il nostro stesso punto di vista.