Da quando abbiamo iniziato a scrivere sui social e qui sul blog, ci avete sentito spesso parlare dell’importanza della respirazione, di come essa sia la base della vita e di come sia utile per tornare a sentirci pienamente qui e ora anche durante le attività della vita quotidiana e le pratiche di benessere (alla fine di questo articolo vi mettiamo il collegamento a due vecchi articoli).
Oggi vogliamo parlarvi delle relazioni che il respiro ha con il resto del corpo e di come il semplice osservarlo serva a ristabilire la giusta calma per proseguire quando, ad esempio, veniamo assaliti dall’ansia.
Partiamo da qui, da una pratica: provate a mettervi comodi nella posizione in cui siete, sia che siate seduti o in piedi, cercando di stare eretti con la schiena; ora chiudete gli occhi e portate attenzione all’aria fresca che entra dalla punta del naso e all’aria calda che esce.
Prendetevi il tempo di fare qualche atto di seguito, poi riprendete la lettura.
A cosa avete pensato durante l’esercizio? Dov’era la vostra mente, e dove eravate voi? Quasi certamente eravate in buona parte lì, facendo l’esercizio e nient’altro. Questo è quello che accade ogni volta che portate attenzione a voi attraverso il respiro. Interessante, vero?
In definitiva, è molto semplice ritornare a se stessi e allontanare lo stato di oppressione che spesso ci assale. C’è solo un ostacolo: ricordarsi di farlo. In questo non possiamo aiutarvi molto, ma possiamo stimolarvi a farlo raccontandovi quante cose trovano giovamento da una buona respirazione.
Partiamo innanzitutto con qualche considerazione sulla forma e le funzioni del diaframma. Esso ha una struttura prettamente orizzontale, e non è il solo nel corpo ad avere questo orientamento: insieme ad altre strutture (tentorio del cervelletto, pavimento buccale, orifizio toracico superiore, e pavimento pelvico sono le principali), è parte del sistema dei diaframmi, che contribuisce al bilanciamento delle pressioni corporee. Soprattutto, regola le pressioni in cavità toracica e addominale. Va da sé che ogni volta che viviamo un disagio che riguarda la pressione, dal mal di testa alle difficoltà di andare in bagno, la respirazione è in qualche modo coinvolta, e ci può venire in aiuto nella modulazione se non addirittura nella risoluzione dei sintomi.
Il diaframma, separando due cavità (toracica e addominale), è dotato di orifizi e passaggi per molte strutture: i vasi sanguigni, che dal cuore partono e al cuore devono tornare, tra cui aorta e vena cava, forse i due vasi più importanti in tutto il corpo; i nervi, tra cui spicca il nervo vago, X paio di Nervi Cranici, che origina a livello del midollo allungato, all’interno del cranio, e prima di passare il diaframma si fonde tra vago di destra e di sinistra per proseguire nell’addome; infine, non dimentichiamo l’esofago, che parte da dietro la bocca e raggiunge lo stomaco al di sotto del diaframma.
Nella sua parte superiore, il diaframma offre appoggio al cuore e al suo sacco di contenimento (il pericardio), e ancoraggio e sostegno al polmone e al suo involucro (la pleura). Al di sotto, oltre allo stomaco, anche fegato, milza, duodeno, pancreas e reni sono saldamente connessi a questo muscolo tramite tessuto connettivale (legamento coronario del fegato, legamento frenocolico, legamento di Treitz, capsula pancreatica, piccolo omento e fascia renale).
Dedicare tempo alla respirazione diaframmatica significa migliorare anche la mobilità di questi elementi, e di conseguenza le loro funzioni: il passaggio di cibo, l’innervazione degli organi, l’ossigenazione dei tessuti, la corretta successione delle fasi digestive, la circolazione, e così via.
C’è anche un altro interessante punto di vista da cui guardare al respiro: quello della relazione con il vissuto emozionale. Quando parliamo di modulazione delle emozioni attraverso il respiro non ci riferiamo solamente alla percezione “sottile” di una sensazione interna che diventa più fluida o meno intensa, ma alla vera e propria azione meccanica che il diaframma ha sugli organi, provocando una sorta di massaggio che armonizza e regolarizza l’attività dell’addome, sede principale della sensazione e percezione delle emozioni, almeno nella loro forma più grezza. Vedremo più avanti, parlando dei singoli organi, che diverse tradizioni attribuiscono ad ognuno di essi emozioni specifiche (spesso con corrispondenze esatte).
Possiamo parlare di azione meccanica perché gli organi prendono proprio contatto con il diaframma, e di conseguenza al movimento di uno corrisponde il movimento dell’altro. Tutti loro e le loro funzioni sono correlate alla respirazione.
Possiamo estendere ancora di più il tema: seppure la respirazione sia l’ultima funzione che il feto arriva ad espletare (cominciamo a respirare dopo il parto, ricordate?), è tra le due necessarie al sostentamento di base della vita (l’altra è quella cardiaca).
Deputata primariamente allo scambio gassoso tra ossigeno e anidride carbonica, la respirazione ha l’essenziale funzione di fornire al circolo sanguigno la materia chimica di base con cui le cellule espleteranno le loro funzioni metaboliche, e di eliminare i prodotti di scarto delle stesse.
Ne consegue che tutti i tessuti beneficiano di una buona pratica di repirazione, che miri ad elasticizzare e a rendere fluido e armonioso tutto il corpo. Si parla, in molti casi, di esercizi molto semplici con effetti diretti e sorprendenti su disturbi clinici di varia natura, da quelli ormonali, a quelli muscolo-articolari, perfino a quelli psichici.
Questo avviene per via delle connessioni profondissime del respiro (soprattutto del respiro consapevole) sul cervello: le dirette connessioni tra le vie aeree, attraverso l’osso etmoide, con il pavimento della fossa anteriore del cranio, con il sistema limbico, il midollo allungato e il cervelletto, fanno sì che il respiro, così come ne è influenzato, possa intervenire sulla regolazione degli stati eccitatori o depressivi tipici degli squilibri emozionali su base chimico-ormonale o comportamentale, riportando il sistema nervoso autonomo (e per conseguenza anche quello volontario) ad uno stato di calma e disponibilità.
In sintesi, questa è la base dell’uso del respiro in tutte le pratiche di consapevolezza sparse nel mondo: se il battito del cuore attiva e sostiene, il respiro è il vento che soffia sulle acque, le calma o le smuove a seconda della necessità. Tramite l’inserimento della coscienza nel processo, portiamo tutta la nostra attenzione all’attività più basilare, naturale e vitale che possiamo conoscere. Come recita un famoso motto del Maestro Zen Thich Nhat Hanh: “Respira, sei vivo!” (è anche il titolo di uno dei suoi libri più belli, che vi consigliamo).
Allora, cosa ne dite? Se non siete abituati a questa pratica, vi va di provare?
Un buon inizio, per tutti quelli che non potranno provare esercizi più complessi, ma soprattutto per chi ha poco tempo, è quello, durante la prossima volta in cui vi troverete in un momento di attesa, di sfruttare il tempo della pausa per qualche respiro consapevole, portando semplicemente attenzione alle azioni che il vostro corpo già sta compiendo in autonomia.
Questo semplice gesto (potete ripetervi mentalmente la frase: “inspirando, so che sto inspirando, espirando, so che sto espirando”) porterà immediata calma e molta più disponibilità energetica.
Se invece preferite sfruttare le pause per un’altra lettura sull’argomento, qui sotto vi lasciamo altri articoli in cui abbiamo parlato dell’importanza del respiro.
Vi ricordiamo che molte delle nostre attività si basano sul respiro e ne sfruttano il grande potere per suggerire nuove vie verso la Salute: se volete fare pratica con noi, non vi resta che contattarci.
Buona respirazione a tutti!
Luca e Nicoletta
Tag: pratichediconsapevolezza
La metafora dell’Arpista sul cammino della salute.
di Luca Cascone
Sebbene l’arpa sia diffusa in tutto il mondo con diverse varianti, e detenga il primato di anzianità tra gli strumenti a corde, ha un’importanza insuperata in quell’area geografica denominata “celtica” (sintetizzando, tutto il nord-ovest Europeo, continentale ed insulare), specialmente in Irlanda, dove sopravvive ancora oggi una cultura fortemente radicata di questo strumento come identitario di un popolo e del suo patrimonio musicale e folklorico, tanto da farne l’emblema nazionale.
Non mi addentrerò qui nella complessa e affascinante storia di questo legame etnomusicologico e antropologico, ma prenderò in prestito due delle sue emanazioni per legarle al concetto di Salute.
L’arpa porta con sé un’interessante metafora, tramandata dall’antica scuola sapienziale dei Druidi e dei Bardi: ognuna delle sue parti strutturali ha una corrispondenza con il nostro sistema-corpo. La mensola, la parte superiore, a cui si fissano le corde e da cui si possono allentare e tendere, corrisponde alla mente, che può regolare o influenzare i processi del nostro sistema in modo da renderli più o meno intensi. La colonna, che regge e connette la mensola e la cassa, garantisce la trasmissione della tensione e della vibrazione, ed è equiparabile alla nostra dimensione emotiva. In altri esempi – che personalmente preferisco – è la tavola armonica, a cui si agganciano inferiormente le corde e che ne struttura il timbro di base, ad essere presa ad esempio per l’analogia con le emozioni. La cassa, infine, amplifica e modula il suono, sostenendo il resto dello strumento, esattamente come fa il corpo fisico con i nostri vissuti mentali ed emozionali.
Ognuna delle parti, va da sé, deve essere il più possibile solida e in stretta connessione con le altre perché lo strumento funzioni: è questo il primo principio della Salute come processo integrato non solo tra i diversi sistemi biologici, ma anche tra le diverse dimensioni del nostro vissuto, personale e sociale.
In Irlanda esiste un detto, passato oralmente di maestro in allievo, come vuole la tradizione, per generazioni che si perdono nella storia: “Un arpista passa metà della sua vita ad accordare, e l’altra metà della vita a suonare uno strumento scordato”.
Da arpista, vi posso garantire che è una legge universale: un refolo d’aria, una variazione d’umidità improvvisa, un pensiero passato di traverso tra voi e gli ascoltatori, e scordatevi (appunto) un’accordatura decente.
Al di là dei sorrisi (molti) del pubblico e (pochi) miei quando racconto questa storia, vi invito a riflettere sul fatto che la nostra salute funziona esattamente secondo lo stesso principio.
Siamo infatti costantemente immersi in un processo che vede oscillare il nostro sistema corpo-mente-emozioni tra due tensioni opposte: quella all’aggregazione e alla stabilità strutturale e quella al disordine, alla disgregazione e all’instabilità. In due parole, all’Ordine e al Caos, all’Accordatura e alla Scordatura.
Viviamo spesso l’impressione erronea che la prima corrisponda alla salute/benessere/integrità, e la seconda alla malattia/disagio/disabilità: entrambe non sono situazioni statiche, ma processi dinamici e complessi che si intercorrelano. L’oscillazione tra Ordine/Accordatura e Disordine/Scordatura è necessaria al bilanciamento costante delle informazioni che il sistema riceve ed emette, e alle sue capacità di far fronte agli stimoli. In gergo scientifico, questo processo si chiama equilibrio allostatico, ed è il fondamento della salute: avere sufficienti riferimenti, conoscenze e riserve di energia per adattarsi ai cambiamenti esterni ed interni, senza che, prevalendo sul proprio contrario, l’ordine diventi congelamento e staticità, e il disordine diventi disgregazione e distruzione.
Questo vale ad ogni livello, dall’organismo umano a quello sociale, planetario e cosmico (non è la gravità a mantenere in relazione due stelle, mentre la distanza impedisce loro di collassare l’una sull’altra?).
È a questo punto che dobbiamo far entrare in gioco i tre elementi che danno ragione dell’esistenza dell’arpa – e anche del corpo umano: le corde, il suono e il suonatore.
Partiamo dalle corde: sono la voce stessa dello strumento, che se ben costruito e mantenuto può sopportarne l’immensa forza tensiva (a seconda delle corde e del tipo di strumento, la cordiera di un’arpa sviluppa una tensione tra i 400 e i 500 kg!) e garantirne la purezza di suono. Perfetta combinazione delle tre componenti descritte prima, le corde sono il vero cuore dello strumento, così come il cuore dell’uomo si esprime puramente solo se corpo, mente ed emozioni sono in armonia tra loro.
Il suono corrisponde alla voce dell’essere umano, talmente caratteristica e fondamentale da essere un fattore identitario: alcuni studi definiscono la voce umana come “volto sonoro”. Non a caso, a meno di impedimenti, nella nostra cultura sono la Voce e la Parola a veicolare pienamente chi siamo, ed è il Logos/Verbo il principio determinante della realtà.
Infine, giungiamo all’Arpista, senza il quale le corde non produrrebbero suono, e nemmeno lo strumento potrebbe essere accordato e tenuto in buono stato: la nostra Anima, allo stesso modo, infonde vita, calore e direzione alla nostra macchina corporea, insieme a tutti i suoi Alleati e alle Forze che la sostengono.
Lo dimentichiamo molto spesso, ma la nostra personalità e i nostri corpi devono accordarsi per mettersi al servizio dell’Arpista, e solo così il canto che produrranno sarà davvero puro e degno di essere cantato ed ascoltato.
Il nostro compito è continuare ad accordarci per essere strumenti in mani più capaci delle nostre. Solo così potremo aspirare alla vera e profonda Salute globale.