Stomaco e digestione

Quando parliamo dello stomaco, dobbiamo necessariamente considerare la sua funzione principale, quella di trasformare i cibi da sostanze complesse a semplici, per renderle disponibili all’assorbimento e all’utilizzo nei processi metabolici.
Abbiamo parlato delle caratteristiche anatomiche e fisiologiche dello stomaco e del sistema digerente nei post sui social (facebook e instagram) di questa settimana, ma vorremmo oggi concentrarci su una sfumatura differente.

La più interessante caratteristica della prima parte del sistema digerente (bocca, esofago, stomaco), come già accennavamo, è quella di poter utilizzare in modo controllato un grande potere distruttivo, quello degli acidi, per garantire la vita al sistema organico a cui appartiene. Lo squilibrio di questa capacità di controllo può derivare in un danno anche molto grande (si pensi alle patologie degenerative del tratto digerente come l’ulcera, data dagli acidi gastrici che erodono le pareti mucose dello stomaco), e lo stomaco è a tutti gli effetti un grande calderone in continuo bollore, immagine molto efficace ed evocativa che deriva dalla Medicina Tradizionale Cinese: l’acqua che bolle (metafora degli acidi gastrici) può essere di grande aiuto nel rendere disponibili e maggiormente edibili molti cibi, ma se usata male o addirittura fatta fuoriuscire scorrettamente dal suo contenitore può essere estremamente pericolosa, persino letale.

Lo stomaco è anche la sede, in termini simbolici e metaforici, della nostra facoltà di elaborare i nostri vissuti, fisici, emotivi e mentali. A livello esofageo e gastrico il corpo energetico veicola e trasforma le informazioni che provengono dall’esterno o dal nostro vissuto, e le rende disponibili (quando possibile) per il resto del corpo.
Avete mai notato quanti sintomi a livello dello stomaco sono correlati a ciò che proviamo, o alle nostre reazioni agli eventi? Dalla proverbiale gastrite da stress alle sensazioni di peso epigastrico, il nostro corpo si serve di una vasta gamma di segnali per farci notare che qualcosa non è stato propriamente trasformato, o è rimasto indigesto a uno dei nostri corpi.

In questo senso, il cibo, e la nostra reazione ad esso, è una grande cartina al tornasole: non è solo cosa mangiamo a determinare lo stato di benessere o malessere che proviamo in risposta ad un cibo, ma spesso è anche il come, e la valenza di quel cibo per il nostro sistema.
La saggezza e la finezza della natura hanno dotato i sistemi biologici (e in una certa misura anche gli essere inorganici) di una grande peculiarità, ovvero quella di potersi sostentare attraverso la nutrizione, il processo di immissione all’interno del proprio corpo di parti di un altro essere vivente, che vengono degradate in modo da ricavarne elementi utili al proprio metabolismo e alla propria vita sistemica e cellulare.
Non ci pensiamo mai molto volentieri, ma a tutti gli effetti, per vivere, ogni essere vivente deve cibarsi di altri esseri viventi, in diversi gradi di complessità e di livello di coscienza. Questo significa che il cibo è informazione, oltre che energia fisica e chimica: tutto ciò di cui ci nutriamo porta con sé la storia e la vita di cui ha fatto parte, che entra a sua volta a far parte della nostra, e anche l’informazione generale della categoria a cui è appartenuto.

Al di là delle scelte alimentari ed etiche di ognuno di noi, così come consideriamo le calorie di un certo cibo, o la sua provenienza, o la modalità con cui è stato prodotto (allevamento/coltivazione, trasformazione, trasporto, eccetera), quando ci apprestiamo a mangiare dovremmo soprattutto porci una domanda: “Quale energia mi porta questo cibo?“.
Ci sono diversi sistemi di corrispondenza tra i cibi e particolari caratteristiche emozionali o simboliche, ma in genere la lettura è piuttosto simile: per fare un esempio molto conosciuto, il latte e i suoi derivati sono di solito associati al sostentamento primario, alla nutrizione del neonato, e quindi al rapporto con la sfera materna (non necessariamente la madre in persona, notate la differenza).
Alcuni cibi sono poi maggiormente collegati a una sollecitazione emozionale: avete mai notato quanto lo zucchero apparentemente sedi il sistema nervoso, ma in realtà lo renda profondamente irritabile? Oppure avete mai notato che gli stessi cibi che appesantiscono il sistema epatico (come la troppa carne) siano anche quelli che ci rendono più aggressivi?

Non è nostra intenzione fare oggi un elenco di queste corrispondenze, perché vogliamo invece sottolineare un concetto fondamentale: per quanto i sistemi di riferimento ci aiutino a orientarci e a dare una direzione alla nostra lettura, è sempre fondamentale riportare tutto al sistema della singola persona. Ad esempio, la lettura qui sopra potrebbe essere valida così com’è per una persona, mentre per un’altra potrebbe servire scoprirne una diversa sfumatura, o ancora per una terza non valere affatto.
Per inciso, è proprio per questo motivo che si dovrebbe includere la considerazione di queste caratteristiche nella pianificazione di una dieta.
Vi invitiamo a scoprire quale energia vi portano i cibi attraverso l’esperienza diretta, poiché ognuno di noi ha un sistema proprio e risponde in modo diverso alle informazioni che il cibo porta con sé, rielaborandole secondo i propri riferimenti e le proprie libertà e difficoltà emotive ed energetiche.

Provateci, e raccontateci la vostra esperienza.

Buon cibo consapevole a tutti!

La Danza del Cuore

Il collegamento tra malattie fisiche e vita emotiva (il “regno” del cuore) è conosciuto da sempre, basti pensare che le prime formulazioni sul rapporto mente-corpo sono state poste in modo sistematico a partire da Platone, ed è proprio questo approfondimento che ogni venerdì cerchiamo di esplorare meglio.
Spesso, quando si tratta della percezione del corpo, il miglior modo per scoprire questo legame è osservare i modi di dire che esistono su un determinato organo.
Ad esempio, in tutte le culture, il cuore rappresenta il centro dell’affettività, e nel linguaggio comune utilizziamo spesso questa metafora. “Grazie di cuore”, “ho il cuore pieno di gioia”, “ti amo con tutto il cuore”, “ho sentito una stretta al cuore”, “mi hai spezzato il cuore”, “ho il cuore in gola”: sono solo alcune delle espressioni che associamo al grande Direttore d’Orchestra del nostro corpo.
Tutte queste espressioni rivelano il simbolismo emotivo racchiuso in quest’organo, e nella motilità cardiaca: ad essi vengono associati sia concetti positivi, legati all’amore, all’amicizia, alla bontà, sia concetti negativi, legati al dolore, alla separazione, alla tristezza.

Il legame tra separazioni e cuore coinvolge strettamente il sistema ormonale e la risposta agli stimoli di stress: abbandoni e separazioni provocano emozioni intense come dolore, preoccupazione, angoscia, tristezza, sensi di colpa, vergogna.
La difesa conseguente che si sviluppa in risposta a tali emozioni, come l’immobilità o la disperazione, nasce dal sistema nervoso autonomo e reinforma tutto l’organismo, e di conseguenza quello ormonale e immunitario.
Ad esempio in diversi studi è stata riscontrata una connessione tra infarto e rottura di relazioni. L’associazione, in alcuni casi, si è evidenziata anche in rapporto all’anniversario della rottura; esiste addirittura la “sindrome dal cuore infranto” (sindrome di Takotsubo) che è una patologia che si manifesta con una disfunzione del ventricolo sinistro come conseguenza a un evento di vita emotivamente stressante e doloroso.
Così, espressioni come “mi hai spezzato il cuore“, non costituiscono solo la metafora di un dolore, ma la reale conseguenza di una forte sofferenza psichica legata alla separazione.
Il dolore vissuto porta a conseguenze fisiche che condizionano negativamente le funzioni vegetative ed endocrine tanto da provocare vere e proprie lesioni organiche.
Inversamente però, anche la guarigione risulta essere collegata a una dimensione relazionale: alcuni casi di regressione spontanea da malattie sono apparsi associati a miglioramenti nelle relazioni interpersonali.

Ma, in definitiva, in che modo si possono ottenere queste condizioni apparentemente miracolose (e che a volte non sono propriamente spiegabili)?
Vi sarete sicuramente imbattuti nell’etimologia della parola “coraggio”, che si parafrasa normalmente in “agire con il cuore”, o “azione del cuore”, e per quanto sia molto affascinante immaginiamo che voi abbiate avuto una certa difficoltà e descrivere quale sia quell’azione.
Spesso tentiamo di costruire risposte molto complesse a domande apparentemente difficili, ma in realtà quelle più giuste sono molto semplici.
Ricordate, come abbiamo scritto questa settimana, che il Cuore è considerato, nelle medicine tradizionali di tutto il mondo, l’organo più importante, governatore di tutto il corpo?
Ebbene, questa sua funzione non è solo una metafora di sicuro effetto, ma è una profonda verità.

Senza paura di esagerare, possiamo dire che il ritmo cardiaco, proseguito in modo pressoché identico dal passaggio dell’onda pressoria all’interno dei vasi (soprattutto delle arterie) costituisce uno dei ritmi fondamentali dell’esistenza di tutto l’organismo, e che sintonizzarsi e sincronizzarsi su di esso è una potente fonte di benessere e salute, alla portata di ognuno di noi.
Il battito cardiaco è infatti un vero e proprio metronomo per le funzioni di tutto il corpo. È risaputo che una buona vascolarizzazione (in entrata e in uscita) costituisce il presupposto per una buona fisiologia cellulare, tissutale e sistemica, ma è poco considerato che la buona irrorazione dei tessuti è determinata dalla libertà dell’onda pressoria esercitata dal cuore e dai vasi sanguigni di raggiungere anche la cellula più lontana. In altre parole, il cuore deve esercitare costantemente una forza dinamica sufficiente a garantire questo flusso, comportandosi da fonte del movimento intrinseco di tutti gli altri organi e tessuti.
Questo si specchia nel fatto che il cuore è un organo straordinariamente autonomo e versatile, che in linea teorica può continuare a funzionare nelle situazioni più avverse, anche nel limite della mancanza di controllo da parte del sistema nervoso, che genera anche campi di risonanza elettromagnetica per tutto il resto del corpo, armonizzando il sistema al maggiore stato di equilibrio possibile momento dopo momento.
L’ascolto del proprio battito cardiaco, proposto nel video di questa settimana, come atto di biofeedback molto immediato e di semplice esecuzione, è carico di grandi benefici, primo fra tutti il garantire spazio e tempo per questa possibilità “bilanciatrice” dell’attività cardiaca.
Mettendosi in connessione con il battito del cuore, ognuno di noi ritorna alla fonte stessa della vita, e riscopre le abilità di regolazione e di modulazione che gli corrispondono.

Vi invitiamo a praticare questo semplice esercizio per un certo periodo: potreste notare benefici inaspettati sulla salute psicofisica e sul vostro modo di percepire e vivere il mondo.
Raccontateci la vostra esperienza nei commenti.

Buon weekend

Luca e Nicoletta

La Forza dei Reni

Questa settimana abbiamo parlato del sistema renale in campo anatomofisiologico, proponendo esercizi di dinamizzazione e elasticizzazione corporea volti alla liberazione del contenitore fasciale e muscolare dei due organi.
Oggi vogliamo proseguire la trattazione con una lettura più profonda, quella integrata con il sistema energetico, che parte sempre, nella nostra ottica dalle corrispondenze con la fisiologia.

Come abbiamo anticipato, i reni sono forse gli organi più importanti per quanto riguarda la purificazione della componente liquida del corpo, anche se non sono gli unici: gli altri, già trattati nel corso di queste settimane, sono il fegato – che si occupa della componente chimico-energetica – e i polmoni – che si occupa della componente aerea. Insieme ad altri due organi, intestino e pelle (ebbene sì, la pelle è un organo!), formano il sistema degli emuntori, ovvero quel gruppo di organi che si occupa dell’eliminazione delle sostanze di rifiuto prodotte dal metabolismo.

Cosa ci dice questa funzione dei reni, rispetto alla loro valenza energetica?
Provate a rifletterci: al contrario dell’intestino, che elimina sostanze più solide, o del fegato, che purifica sostanze più grezze, i reni sono in altri termini implicati nel mantenimento della buona fluidità dei liquidi corporei, comprendendo anche il loro stato di tossicità. Essi sono a tutti gli effetti il filtro del corpo energetico, oltre che di quello fisico. Una cosa che succede spesso alla fine di un trattamento o di una consulenza, specialmente se molto profondi, è che alle persone venga il bisogno di fare pipì (vi è mai capitato?): se da una parte questa necessità è fisiologica – data dalla movimentazione dei liquidi di un buon massaggio, ad esempio – dall’altra parte è anche dovuta a una reazione del corpo eterico, la controparte energetica del corpo fisico, che “scarica” le sue tensioni soprattutto a livello del sistema urinario.
Ormai chi ci segue da tempo lo sa: la nostra visione tende a coprire più livelli dello stesso fenomeno, e vi invitiamo a osservare la stessa cosa. Scoprirete che il dialogo interno del vostro corpo è molto fervido, e ricco di protagonisti che si interfacciano tra loro.

La seconda e fondamentale funzione dei reni che vogliamo analizzare è quella che riguarda il sistema nervoso autonomo, specialmente per quanto riguarda le ghiandole surrenali. Esse sono lo stadio finale di una complessa catena di strutture anatomiche e di processi ormonali chiamati asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che si occupa della gestione delle risposte emozionali e fisiche agli stimoli stressogeni, modulando la produzione e la circolazione degli ormoni adrenalina e noradrenalina, responsabili di tutta quella serie di processi che vanno sotto il nome di “lotta o fuga”, ovvero l’attivazione generale del sistema che si prepara a reagire in modo dinamico.
I reni quindi, sono i custodi della nostra capacità di (re)agire all’interno dei fenomeni in cui viviamo, o in altre parole della nostra energia vitale. Nella Medicina Tradizionale Cinese, ad esempio, vengono chiamati “la radice della vita”, ad intendere proprio questa loro funzione arcaica e primordiale.
Se è vero che tutti e tre gli organi citati prima (intestino, fegato e polmone) sono implicati nella gestione emozionale (come d’altronde lo è tutto l’organismo), possiamo notare che l’intestino processa maggiormente le emozioni più “pesanti” (come l’ansia), il fegato quelle più “turbolente” (come la rabbia) e il polmone quelle più “inibenti” (come la tristezza): e i reni?
Come potete già immaginare, l’emozione negativa che maggiormente disturba questo sistema è la paura, ovvero quello stato di paralisi (o più propriamente di congelamento), che in natura serve agli animali a valutare la situazione e l’entità del pericolo a cui percepiscono di essere esposti. Se questa reazione viene rimodulata, infatti, può essere molto utile, ma se perdura nel tempo porta ad una sorta di paralisi totale del sistema nervoso, che impedisce l’azione ed espone a grossi rischi.

In effetti, cosa più della paura ci blocca nell’aprirci alla vita, alle possibilità che ci offre e alle occasioni che ci fa sperimentare?
Lo stato dei nostri reni ci dà modo di osservare e di valutare quale sia il nostro grado di irretimento nei confronti del mondo e della vita: più ci apriamo, più siamo in salute, più siamo anche in grado di filtrare (fisiologicamente ed energeticamente) ciò che passa nel nostro campo. Più ci lasciamo catturare e congelare dalla paura, meno siamo disponibili all’immensa quantità di energia che la vita ci mette a disposizione, a patto che cogliamo l’occasione e ci impegniamo nel lavoro che ci viene richiesto, a volte con il famoso “colpo di reni” (non è un caso che si dica così, avete notato?).
I reni, collegati al flusso dell’elemento acqua, sono a tutti gli effetti le porte d’accesso alla salute del nostro sistema eterico-energetico, e ci è possibile prendercene cura con gesti molto semplici: bere la giusta quantità d’acqua, ad esempio, è il più semplice, e se ci conoscete, sapete bene quanto insistiamo su questo punto.
Sapete che la quota minima giornaliera di acqua per una buona idratazione equivale – in centilitri – al peso corporeo moltiplicato per tre? Una persona di 70kg, ad esempio, dovrebbe assumere almeno 2,1 l d’acqua al giorno (210 cl). E questo dovrebbe essere il minimo!
Qualcuno sorriderà pensando a quante volte lo diciamo, ma ora può anche considerare quanto una buona idratazione sia fondamentale per la salute dei reni, e della loro buona fisiologia, che fa da base alla buona salute di tutto il sistema organico, sia in senso fisico che energetico.
A tutti gli effetti, una buona idratazione è il primo antidoto alle paure congelate nel corpo, e al dolore come loro manifestazione.

Vi lasciamo qui sotto gli esercizi della settimana, se qualcuno li avesse persi!

Alla prossima settimana,

Luca e Nicoletta

La Medicina del Silenzio

di Luca Cascone

” Ti chiederanno: ‘Cos’è il silenzio?’. Tu rispondi: ‘È la pietra di fondazione del Tempio della Saggezza’. ”
Pitagora

Vi siete mai accorti di quanto il nostro tempo tema il silenzio?
Viviamo in un contesto storico, sociale e culturale mai visto prima nella storia dell’Uomo: abbiamo sempre a disposizione una fonte di copertura sonora per le nostre vite, che mima e incarna sempre più efficientemente il chiacchiericcio continuo della mente.
Girando per strada, vi sarete sicuramente accorti della massiccia e sempre più frequente presenza di cuffie più o meno voluminose che trasmettono musica in continuazione; entrando nei negozi, è d’uso comune ritrovarsi in un ambiente in cui aleggia (più o meno intensamente) musica di varia natura, di solito non scelta ad hoc; negli uffici, in molti accompagnano il proprio lavoro con la radio, o più recentemente con le playlist musicali trovate online; in macchina, sui mezzi, nei luoghi pubblici in certe occasioni (come in questo periodo natalizio) ci ritroviamo immersi in un paesaggio sonoro continuamente saturato.

Non è solo questione di musica, in effetti: la stessa saturazione sonora è data dal rumore di fondo di moltissimi contesti più o meno urbanizzati: nelle città o nei centri di media grandezza, è rarissimo trovarsi in una condizione di silenzio, o per così dire il silenzio è determinato dalla minor soglia di rumore possibile, che è comunque molto alta rispetto alla normalità a cui siamo stati abituati nella storia.
Anche se l’Uomo incrementa il suo livello di rumore a livello naturale, e la Natura stessa ha i suoi picchi di rumorosità (si pensi a certi suoni di animali, o anche all’immane potenza sonora di certi eventi naturali, come il fulmine), l’attuale continuità del rumore causato dall’Uomo e dalla società industrializzata sta diventando un problema importante, disturbando il comportamento di molte specie animali – un caso molto famoso è quello dei grandi cetacei, spesso disorientati dall’inquinamento acustico ed elettromagnetico – ma anche la salute stessa degli esseri umani: si ritiene che lo stress acustico sia una concausa molto frequente di diversi disturbi, dalla stanchezza cronica, alla difficoltà di concentrazione, a turbe neurovegetative più serie – come i disturbi del sonno -, fino a patologie anche molto gravi, come certe presentazioni del diabete o malattie cardiovascolari anche letali.

Il rumore della nostra mente mai sazia di informazioni e di stimoli, che fino a pochi decenni fa era solo un flusso di pensieri non sempre materializzato, è diventato a tutti gli effetti completamente fisico, e avvolge e permea ogni momento della nostra vita: dalla musica di cui sopra, alla televisione “accesa per farci compagnia“, ai rumori del traffico, a quelli dei trasporti.
Un’esperienza molto comune durante il lockdown dell’inizio del 2020 è stata proprio quella di riscoprire il silenzio (o almeno qualcosa di molto vicino ad esso): per darvi una stima, considerate che secondo alcuni studi il rumore di fondo nelle città industrializzate si ridusse anche del 50%, incidendo positivamente anche su diversi disturbi clinici legati all’inquinamento acustico.

Come esseri umani (e soprattutto animali) abbiamo un vitale bisogno di silenzio.
Non è per questo che abbiamo cominciato a pregare, o a meditare, o a ricavare spazi nelle comunità crescenti e sempre più complesse per prendere una pausa e ascoltare profondamente dentro e intorno a noi?
Il periodo natalizio ne è una prova tangibile (e spesso non in positivo): almeno nell’emisfero boreale, stagionalmente parlando, questo è un periodo di riposo e di introspezione per tutta la Natura. Gli animali si acquietano, molti vanno perfino in letargo; le piante rallentano il loro metabolismo; la Terra stessa, secondo le antiche tradizioni, dorme in attesa di risvegliarsi.
Il periodo natalizio nasce proprio per celebrare questo momento, nel clima successivo alla ricchezza autunnale e al progressivo addormentamento, celebrando con gioia la promessa del Solstizio d’Inverno: la nascita di un nuovo calore, e di nuova energia vitale, che però rimane ancora lontana, mentre il buio è al massimo della sua estensione.
È (o dovrebbe essere) un periodo di raccoglimento, di intimità e di silenziosa osservazione.
Cosa ci spinge a trasformare tutto questo in un caos rumoroso e cacofonico?

Forse temiamo il Silenzio.
Nel silenzio è difficile ammantarsi di un chiacchiericcio rassicurante, ed è molto complesso continuare a cercare stimoli esterni. È anche molto difficile ascoltare il proprio corpo, nel silenzio: è molto meglio muoversi sull’onda di uno stimolo esterno, soprattutto se acustico. Avete mai provato la sgradevole sensazione (per la mente, ovviamente) di danzare senza una musica ad accompagnarvi?
Il silenzio ci costringe ad avere a che fare con noi stessi, così come siamo, senza alcun intermediario.
Certo, ovviamente aveva ragione il Maestro Pitagora: senza questa premessa, nessuna Saggezza può essere davvero raggiunta. Ma, forse, non aveva considerato che il coraggio di stare è qualcosa che molti di noi fanno fatica ad alimentare, e che anche i più saggi a volte perdono.

Senza pretese di diventare grandi Saggi, proviamo a concedere a noi stessi alcuni momenti di silenzio al giorno: al risveglio, prima di dormire, in un momento di tranquillità o prima di parlare, prendiamo brevi attimi di pausa dal continuo e indiscriminato fare, e proviamo a goderne.
Si dice che a Natale si sia tutti più buoni: proviamo a essere più silenziosi, e scopriamo se questo ci conduce a uno stato di maggiore disponibilità, benessere e apertura.

La Medicina del Silenzio è antica quanto la prima Alba e la prima Neve: diamole lo spazio che si merita, e lei ci porterà Doni inaspettati.

La legge dell’analogia

Di Nicoletta Giancola

L’articolo di oggi ci porta a mettere in pratica letteralmente il significato del nome assegnato a questa rubrica: risvegliare l’esploratore.

Chi è l’esploratore? È quella parte che, quando eravamo bambini, ha iniziato a chiedersi il “perché” delle cose. È ognuno di noi.
Perché è necessario che si risvegli? Perché nell’uomo è insita la ricerca, la voglia di scoprire e di capire, ma quella fiamma spesso si affievolisce a tal punto che smettiamo di porci domande e di ricercare, sia attraverso la conoscenza intellettuale che esperienziale.

Tornare a vedere con gli occhi di un bambino” (cit.) è ricontattare quella purezza che permette di vedere le cose per come sono e accadono, e meravigliarsi di come possano farlo.
Mentre ero in viaggio verso una formazione, ieri mi è successo di incontrare una serie di rallentamenti in autostrada, che mi hanno permesso di notare con più precisione dove mi trovassi e cosa stessi facendo, allontanandomi dal semplice pensiero di percorrere una strada per arrivare a destinazione. Questo stato di maggiore quiete, a sua volta, ha fatto sì che osservassi i lavoratori in strada, ed in quel momento è sorta una domanda. Perché erano lì? Cosa stavano facendo? In realtà, era piuttosto ovvio, ma mentre mi incanalavo in un ulteriore restringimento di corsia, corrispondente ad un ulteriore rallentamento anche interno, è arrivata un’altra domanda: che analogia hanno gli operatori al lavoro in strada con il nostro corpo? 

Lo so, può sembrare un po’ strana come domanda, ma tutti gli eventi e tutto il mondo possono essere l’analogia di qualcos’altro, e a me piace provare ad intuire cosa sia.
La legge dell’analogia, una delle leggi universali che regolano il cosmo, si trova riportata sulle Tavole Smeraldine, il compendio di sapienza attribuito ad Ermete Trismegisto, e in breve viene descritta con le parole:

Come sopra – così sotto, come sotto – così sopra. Come dentro – così fuori, come fuori – così dentro. Come nel grande – così nel piccolo”.

In pratica, ciò che avviene dentro di noi influenza la realtà fuori di noi, e viceversa. Per capire il fuori dobbiamo vedere dentro, per capire il dentro dobbiamo vedere fuori.

E così, pensando che le grosse strade di collegamento vengono chiamate per analogia anche arterie, mi sono chiesta cosa potessero rappresentare i rallentamenti e i lavoratori.
Mi sono accorta che l’esempio più simile che sorgeva nella mia consapevolezza era quello del corpo, che rallenta il flusso sanguigno in una zona da riparare in modo da poter permeare il distretto e rilasciare gli elementi adatti alla riparazione tissutale, mentre altri elementi corpuscolari (per analogia, le automobili) continuano a scorrere all’interno dei fluidi nei vasi sanguigni (la strada), e laddove ci sia necessità di un intervento specializzato si fermano e si inseriscono nel processo di riparazione, come un mezzo di servizio. 
Questo è solo un semplice esempio di analogia. Di tanti altri avete sentito parlare molto spesso: è il caso dell’analogia tra forma di un cibo e forma dell’organo corrispondente, e anche di quella tra la forma dell’albero – che lavora con la produzione/scambio di ossigeno e anidride carbonica – e la forma dei polmoni – che producono/scambiano esattamente al contrario.

Quello che vi suggeriamo è di provare a farvi domande e di ritornare a giocare al gioco dei perché come fanno i bambini.
I loro perché, spesso surrealisti ma sempre dotati di un proprio senso, ci colgono il più delle volte impreparati. Quante volte ci capita di rispondere senza nemmeno pensare alla domanda? O rispondere con una frase fatta? O ignorarli nel modo più assoluto (magari distogliendoli dalla domanda)? 
Imparare a domandarci il perché delle cose ci aiuta a superare gli stereotipi e imparare a vedere il complesso dietro la banalità, ci porta a riflettere su di noi, sulla nostra vita e sulla natura dell’universo e per quanto possa apparire ai più una perdita di tempo, in realtà aiuta a riconnettersi alla parte più profonda di noi.

Holistic Experience 2022

Continua la collaborazione con Fondazione Oasi con un evento che si estenderà per tutta l’estate del 2022: ogni mercoledì alle 19 apriremo i cancelli a chiunque vorrà raggiungerci per un’esperienza all’insegna del benessere, della comunità e della bellezza.
Sette laboratori continuativi e workshop esperienziali apriranno la serata tra yoga, pratiche sonore, consapevolezza corporea e meditazione.
La serata continuerà alle 21 con un aperitivo sulla terrazza panoramica, accompagnato da concerti, conferenze e cinema.

Il nostro impegno, insieme a Fondazione Oasi, è quello di fornire a tutti un servizio di qualità, con professionisti selezionati e capaci, in grado di guidarvi in esperienze di grande impatto sulla salute personale, sociale e ambientale: Holistic Experience è un evento unico nel suo genere nel nostro territorio e in tutta Italia.

Dalle 19.30 di ogni mercoledì sera fino al 21 settembre, saremo presenti con due laboratori esperienziali.
Qui sotto e sulle pagine di Fondazione trovate tutte le informazioni essenziali.
Vi aspettiamo per i laboratori e per passare una piacevole serata insieme, ammirando il tramonto dal magnifico panorama del Parco.


A Corpo Libero con Nicoletta (6 luglio – 21 settembre)

A partire dall’esplorazione sensoriale di un’area corporea, i partecipanti vengono condotti alla sua integrazione nel sistema dinamico dell’intero corpo, e nelle relazioni che esso intreccia con gli altri e l’ambiente. L’attività, accompagnata dalla musica, permette un’immersione profonda e sicura, per promuovere libertà di movimento e di espressione.
A chi si rivolge: a tutti, non è necessario essere allenati poichè l’attenzione sarà alle possibilità ed alle qualità di movimento e percezione disponibili nell’adesso, per giungere ad una nuova consapevolezza e sensibilità dei corpi che abitiamo.
Occorrente: abbigliamento comodo, acqua, tappetino o telo


InCanto con Luca (13 luglio – 21 settembre)

Laboratorio di sperimentazione vocale e benessere sonoro.
13 luglio – “Suoni Primi”: iniziamo il percorso esplorando la nostra voce come farebbe un bambino, nel gioco e nella semplicità dell’esperienza, a contatto con l’ambiente naturale, con il corpo e con il Cerchio.

A chi si rivolge: a tutti coloro che sono interessati a scoprire il potere e le capacità della propria voce. Non è necessaria una pregressa esperienza vocale, solo voglia di sperimentarsi.
Occorrente: abbigliamento comodo, acqua, tappetino o telo, cuscino se preferito.

A Corpo Libero: “I Piedi, il contatto con la Terra”

di Nicoletta Giancola

Il laboratorio di movimento chiamato “A Corpo Libero” nasce dall’idea di proporre un vero e proprio momento di movimento consapevole.

Quando si fa attività di movimento accade spesso che ci si ritrova a rincorrere i movimenti proposti senza aver tempo di ascoltare il corpo, e pretendendo che esso ci segui nella nostra idea di come vorremmo si muovesse. Se questa situazione è accompagnata da musica ad alto volume questa non ci permette di entrare dentro l’esperienza che alla fine risulterà più performativa e di scarico che di ascolto e cura.

Con le attività proposte all’interno di questo laboratorio, che seguono temi legati alle parti corporee o alla sua fisiologia, si vuole portare il partecipante a sperimentare un nuovo modo di fare movimento: quello di essere consapevoli sia nel farlo sia in ciò che il corpo vive e può fare durante. Vengono riconosciute così le connessioni che una parte del corpo ha con tutto il resto per giungere ad una sensazione di appagamento e integrità che, una volta sperimentata, sarà possibile portarla con sé nella vita quotidiana, perché avremo con noi il senso del come e non del cosa muovere.

Questa sera, in occasione del Solstizio d’estate, andremo a sperimentare la connessione che i piedi hanno con la terra. Essi ci fanno da base per poter percepire la gravità e la “messa a terra”, la stessa degli impianti elettrici.

I piedi sono infatti collegati al primo chakra, il chakra della base o della radice. Attraverso questo centro energetico sentiamo il corpo nella sua parte più fisica e lavorare sulla connessione attraverso i piedi ci riconsegna la possibilità di sentirci più ancorati alla terra e quindi ci sentiamo più dentro il nostro corpo, letteralmente più incarnati. 

Il risultato di questo? 

Una rinnovata capacità di sentire e sentirci e così la possibilità di ricollegarci a ciò che la nostra anima attraverso il suo veicolo, la macchina biologica, vuole comunicarci.

Un corpo libero di sentire è un corpo nuovo a cui non siamo più abituati e spesso può farci sentire cose che non ci piacciono o ci fanno stare male, ma è la via che l’anima ha per farsi ascoltare.

Il nostro compito è quello di condurvi alla comprensione dei suoi messaggi dopo avergli restituito la libertà di espressione e di movimento.

Che l’energia del sole possa sostenervi in questa scoperta.

Buon Solstizio a tutti e a stasera!

Il Cammino del Fuoco

“Io posso permettermi di prendere le cose con calma perché sono passato attraverso il fuoco. Non è lontano dal fuoco che puoi trovare la calma, ma dentro ad esso”.
(Bob Marley)

Il Fuoco è da sempre un elemento strettamente connesso all’umanità, altamente considerato e riverito in senso sociale, culturale e spirituale. L’abilità di domarlo e manipolarlo è universalmente riconosciuta come una delle conquiste principali che hanno guidato l’Uomo dalla dimensione selvaggia a quella civile, da quella preistorica a quella storica, da quella animale a quella umana.

Nella stragrande maggioranza delle culture umane, il Fuoco è l’elemento che maggiormente ricorre come simbolo e mezzo del rapporto con il Sacro: in tutti i templi che gli Uomini hanno costruito e custodito, sotto forma di Fiamma, Fulmine o Calore, presente o suggerito, esso è il simbolo del dialogo con il Divino e della sua presenza nel mondo naturale.
A partire dal substrato sciamanico delle culture ancestrali, dal Fuoco primordiale attorno a cui si riunivano le Tribù evocando miti e leggende, esso ha accompagnato l’evoluzione dell’Uomo come luogo centrale della comunità: non a caso, in italiano definiamo fuoco il centro di una circonferenza (o uno dei due di un ellisse), e attraverso il fuoco la capacità di concentrarsi su un oggetto (cfr. “focus”, “focalizzare” e “mettere a fuoco”).
Ancora oggi, non c’è luogo sacro che non ospiti candele, ceri, o fuochi veri e propri, concreti o simbolici; allo stesso modo, non c’è cerimonia che non sia collegata alla presenza del fuoco come catalizzatore e centro dell’esperienza.
Dalle sue manifestazioni transitorie – il Fulmine, la Scintilla, la Fiamma – a quella apparentemente immodificabili – il Sole e le Stelle – il Fuoco è l’elemento di trasformazione per eccellenza, e di comunione diretta con la Luce originaria.

Mentre nel contesto naturale il Fuoco può essere incontrollato, temibile e pericoloso, ed è infatti generalmente poco amato dagli animali selvatici, esso ha evoluto la propria capacità di consumare in quella di trasformare e modulare: da un carattere selvaggio e violento, ne ha sviluppato uno docile e creativo. Gli Antichi Greci avevano due parole per definirlo: nel primo caso era πῦρ (Pur), il fuoco che i latini definivano ignis, al suo stato naturale, grezzo e violento; nel secondo era φως (Fos), il focus latino, nel suo stato morbido, luminoso e benefico.

Nel cammino comune lungo il corso dell’evoluzione, l’Uomo ha potuto riconoscere questi due aspetti del Fuoco non solo nel mondo intorno a sé, e nelle manifestazioni socio-culturali, ma anche dentro di sé.

Sappiamo che tutta l’attività del Corpo umano, come di quello animale (ma anche quella dei minerali e dell’intero pianeta) prevede l’interazione elettrica e magnetica tra fluidi (gas e liquidi) e solidi (tessuti), la più semplice delle quali è l’attività elettrica del Sistema Nervoso: esso è letteralmente un sistema di conduzione per l’energia del Fulmine: non è sicuramente un caso che l’attività mentale sia in tutte le culture associata alla Luce e al Fuoco, e che una mente particolarmente acuta e libera sia definita con le caratteristiche della luminosità (brillante, chiara, illuminata, …).
Per la Medicina Tradizionale Cinese, l’elemento Fuoco governa ben quattro sistemi energetici del corpo: Cuore, Intestino Tenue, Triplice Riscaldatore (grossolanamente identificabile con la regione del Plesso Solare) e Maestro del Cuore (ovvero il Pericardio, la membrana sierosa che avvolge e protegge il Cuore). Tutte queste strutture corporee hanno a che fare con la capacità del sistema di trasformare, fornire e stimolare energia vitale, ognuna a suo modo.

La violenza o il potere creativo del Fuoco sono simbolici anche del nostro vissuto emozionale.
Ognuno di noi ha avuto esperienza del fuoco distruttivo dell’ira, ma non tutti l’abbiamo sperimentata nella sua forma di sano impeto che regoli un atto empio e ingiusto.
Molti sono gli episodi mitico-religiosi che raccontano queste differenze: basti pensare alla cacciata dei mercanti dal Tempio operata da Gesù (con tanto di frusta!), o alle figure mostruose a protezione e guardia dei templi in tutto il mondo, come il Pitone di Delfi o i bodhisattva tibetani armati di spade fiammeggianti.
Non è allora l’allontanarsi dalle cosiddette emozioni negative o violente la soluzione per raggiungere uno stato più luminoso e libero dalle loro catene, ma il fatto di imparare a domare il loro fuoco per usarlo quando ce n’è bisogno, per riscaldare e dare vita.

Il Fuoco era in antichità la prerogativa di molti spiriti e divinità legati alla guarigione, all’ispirazione e alla creazione.
Tra loro, di certo è utile citare il greco Apollo e la celtica Brigid: entrambi avevano caratteri legati al Fuoco e alla Luce, alla Guarigione e all’Arte, quella Poetica in particolare.
Brigid, la cui festa di Imbolc diventò la Candelora che ricorrerà tra pochi giorni (1 febbraio) era una Dea del Fuoco e dell’Acqua contemporaneamente protettrice dei Poeti, dei Fabbri e dei Guaritori; i Celti definivano l’Ispirazione “fuoco nella testa”, ed è curioso che lo stesso fenomeno sia riportato nei Vangeli nella narrazione della notte di Pentecoste, quando lo Spirito Divino discese sugli Apostoli dopo la Resurrezione, illuminandone le menti e sciogliendone le lingue.
È la capacità della nostra mente rischiarata e illuminata dal Fuoco a permetterci di vedere e sentire le relazioni e le connessioni che la percezione ordinaria non ci permette: in altre parole, di vedere e sentire la Poesia e la Bellezza intorno a noi, grazie al Fuoco trasformatore.

Il nostro Cuore, Imperatore del Corpo fisico-energetico per la Medicina Cinese, così come per l’Osteopatia e tutte le Medicine tradizionali del mondo, è il testimone delle nostre energie e del loro stato: quante e quali scorrono in noi in modo incontrollato e violento, e quante e quali sono invece ben modulate e incanalate?

Proviamo a metterci in ascolto del Cuore due volte al giorno, al mattino e a sera, per una settimana: quante volte, ponendo una mano sul nostro petto, lo sentiamo agitato, e quante volte in perfetta calma?
Quali emozioni ci comunica il suo continuo movimento, la sua danza ritmata nel centro del nostro corpo?
Quali ispirazioni ci comunica, illuminando la via da percorrere con gioia e coraggio?

“Ben-essere al Castello” Piovera 2020

Siamo molto felici di essere stati invitati come espositori e conferenzieri al festival “Ben-essere al Castello”, che domenica 13 settembre riunirà diverse realtà e iniziative all’insegna del benessere, della consapevolezza e del vivere naturale al servizio dei visitatori.
L’evento, che si tiene nella stupenda cornice del Castello di Piovera, in provincia di Alessandria, è alla sua quinta edizione, ed è sempre più in crescita in quanto a iniziative e servizi che offre al suo interno.

Sarà la narrazione come forma di cura e sostegno per il singolo e la comunità ad avere ampio spazio nella conferenza dal titolo “Corpo, Suono, Parola: l’arte della Narrazione che cura” che terremo in mattinata nell’Area Prato, e nel laboratorio per bambini che si svolgerà nel pomeriggio nell’Area Fossato.
Per chi non potesse partecipare a queste due attività, per tutto il corso della giornata saremo presenti con il nostro stand in cui sarà possibile conoscerci ed usufruire di consulenze individuali basate sui nostri servizi (comprese le storie per i bambini che non parteciperanno al laboratorio!).

Se si sogna da soli è solo un sogno, se si sogna insieme è la realtà che comincia.

Anonimo

Passate a trovarci, vi aspettiamo nel nostro stand a braccia aperte!

L’importanza dell’Elasticità

Da molti poco considerato, lo stretching – come ben sanno millenarie tradizioni come lo yoga – è in realtà importantissimo. Spesso non gli si dona il giusto valore, considerandolo alla stregua di una veloce formalità senza altro scopo che quello di “riscaldamento”.

Chiunque faccia sport o si alleni in palestra sa che solitamente si riservano i primi o (e?) gli ultimi minuti dell’allenamento all’allungamento, prestando attenzione ai gruppi muscolari che hanno lavorato maggiormente. Generalmente, si utilizza un approccio detto “statico”: ogni posizione è mantenuta al massimo dell’allungamento per non più di 30 sec., e molto spesso – ahinoi! – associata ad un “molleggio”.
Su quest’ultimo, chiariamoci immediatamente: non serve a nulla ai fini dell’allungamento vero e proprio, ma la sua – piacevole – funzione è quella di far percepire un momentaneo senso di liberazione e controllo dell’area sottoposta all’esercizio.
In questo caso, meglio sarebbe effettuare esercizi di tipo “dinamico”, specifici per l’attività atletica.

Quanto al tempo di allungamento, il mantenimento per meno di 30” è molto utile se il nostro bersaglio sono le fibre muscolari: per preparare il muscolo a un’attività, o per distenderlo alla fine, è un’ottima soluzione.

Cosa succede se proviamo ad estendere il tempo di allungamento?

Accade che il bersaglio non sarà più il muscolo, ma il tessuto connettivo, che lo avvolge e lo mantiene “in forma”, e che allungandosi dona alla massa delle fibre muscolari un contenitore “più comodo”.
In questo caso, il tempo di mantenimento è di almeno un minuto e mezzo, aumentando progressivamente il grado di tensione mano a mano che il tessuto connettivo si “rilassa”.
Con questo approccio, inoltre, possiamo passare ad una tipologia di stretching che – guarda caso – si avvicina alle sequenze dello yoga: si tratta del cosiddetto “stretching globale attivo”, che si rivolge non al singolo muscolo, ma agli interi gruppi (o “catene”) muscolari, agendo direttamente sul controllo posturale.

Di una cosa possiamo essere certi: lo stretching richiede pazienza.

Significa fermarsi, respirare e prendere coscienza di una parte (non solo muscolare) del corpo che si allunga e si distende, e di altre parti che devono invece contrarsi e sostenerci. Significa dare il tempo al sistema nervoso centrale di immagazzinare e modulare informazioni microscopiche, e di allenarlo alla precisione e alla consapevolezza.
Osservando gli animali possiamo intuire il vero scopo e beneficio di
quest’attività.

Pensate a un gatto che abbia passato un intero pomeriggio a dormire:
quando si sveglia, per prima cosa si “stiracchia” in modo lento, attento e meticoloso, senza tralasciare nemmeno la lingua o la punta della coda.
Un secondo dopo, è già pronto a dare la caccia alla prima preda
disponibile (uccellino, topo o giocattolo poco importa!). E appena prima
di dormire, dopo essersi lavato, tornerà a stiracchiarsi prima di
distendersi comodamente.

Il gatto lo sa: lo “stiramento” (questa la traduzione letterale di “stretching”) serve a rimanere in uno stato di elasticità, e a modulare le risposte di attacco/fuga e riposo/digestione, ovvero le due attività del sistema nervoso autonomo (o “neurovegetativo”) che regola la nostra vita interna: un po’ come al gatto, appena alzati potrebbe capitarci di inseguire l’autobus, la preda moderna; e alla fine della giornata, potremmo aver bisogno di scrollarci di dosso le tensioni prima di una
sana dormita.
Elasticizzata così la nostra fonte di movimento, la struttura muscolo-scheletrica, potremo godere di un rinnovato benessere, dovuto alle conseguenze sulla circolazione arteriosa e venosa e sull’attività di conduzione nervosa: questa triade inseparabile è infatti in stretta connessione funzionale con lo stato di tensione del muscolo, ed è proprio attraverso il sistema di archi riflessi con il sistema nervoso centrale che possiamo modulare lo stato tensivo di tutto il sistema, con conseguenze a cascata anche sullo stato delle ossa e delle
articolazioni, e degli organi interni (questo è alla base, tra l’altro, dell’efficacia di un buon trattamento manuale).

Il beneficio, quindi, è dell’intero organismo: mantenendosi elastico, esso gode di un’attività metabolica più armonica, e il sistema nervoso centrale impara a riconoscere, modellare e modulare con sempre maggior precisione tutto il corpo, donandoci un notevole aumento della nostra presenza fisica, in ogni senso possibile.