Questa settimana, parlando del Colon (o intestino crasso), la prima dicotomia da tenere in considerazione è sicuramente quella tra i trattenere e il lasciar andare. Questo ci parla della capacità fisiologica dell’ultimo tratto di intestino di trattenere la materia più vitale (l’acqua) e di eliminare ciò che non serve più.
Vi abbiamo parlato della fisiologia, ma oggi passiamo ai significati psicosomatici ed energetici di questo tratto del sistema digerente, che ci dà appunto la possibilità di vedere chiaramente ciò che ci dà forza e ciò che diventa tossico, e quindi deve essere eliminato.
In Medicina Cinese, ad esempio, il Colon assume la funzione di un netturbino, ovvero di colui che si incarica di ripulire ed eliminare il campo corporeo dalle scorie e dai rifiuti. È anche però l’ultima sentinella che può decidere se tenere qualcosa, e ha il compito di riconoscerlo.
Associato in questo sistema all’elemento del Metallo, è energeticamente “gemello” del Polmone, con cui condivide i processi di discernimento (dei gas nel caso del secondo, dei liquidi nel caso del primo), e il suo ruolo è separare il chiaro dal torbido.
Ritorna qui l’importanza del cervello enterico, che, proprio come quello neurologico, è capace di esercitare discernimento e discriminazione, scelta e direzionalità. Siamo solo meno abituati a concepirlo come un’interfaccia altrettanto importante per conoscere e significare il mondo.
L’addome, per eccellenza, è il luogo dell’inconscio, ovvero l’area del nostro corpo dove la coscienza non vuole o fatica ad arrivare, ed è particolarmente collegato al vissuto emotivo. In ottica psicosomatica, il Colon è infatti il luogo di somatizzazione dell’ansia e del trattenimento, ovvero della capacità/incapacità di lasciar andare e lasciarsi andare.
È attraverso le manifestazioni e il funzionamento di questo viscere che il corpo elabora la libertà psicoemotiva, oppure resta nelle dinamiche di attaccamento che condizionano la nostra esperienza. La reazione può essere al polo dell’esasperazione del controllo stesso, portandosi verso la stipsi e la dolorabilità cronica, oppure verso il rilascio incontrollato, come nel caso della diarrea e di alcune forme di sindrome del colon irritabile: per incapacità di gestire la discriminazione tra ciò che deve rimanere e ciò che deve essere espulso, il corpo reagisce eliminando tutto ciò che sta transitando dal colon. Nonostante possa sembrare molto strano, provate a pensare al classico “mal di pancia” prima di un’occasione importante (un esame, una performance, una riunione, …): possiamo andare incontro a dolori e crampi fino allo “spegnimento” dell’intestino (stipsi) oppure alla sua ipersollecitazione (diarrea).
Le manifestazioni fisiche che possono accompagnarsi alla paura e all’insicurezza in queste situazioni ci parlano della nostra (in)capacità di restare lucidi e fluidi all’interno di una situazione di stress, abbandonando il senso del controllo, per riconoscere le nostre emozioni limitanti (il torbido) e tentare di superarle, o prendercene cura il più serenamente possibile.
Recuperando l’acqua (il chiaro), il Colon ci insegna a riconoscere le qualità vitali che possiamo mantenere anche nelle situazioni di maggiore stress, che ci permettono di superare gli ostacoli in modo creativo e sano, attraverso l’implementazione di strategie fisiche, emotive e mentali non violente verso noi stessi o gli altri, ma comunque volte in modo deciso alla risoluzione e al benessere del nostro sistema e di chi ci sta intorno.
Viviamo in un contesto culturale in cui la capacità di lasciar(si) andare non è vista di buon occhio: sottrarsi alle dinamiche di massima resa a tutti i costi è una vera e propria sfida a cui siamo messi di fronte, per poter riconoscere i nostri bisogni fondamentali ed eliminare ciò che non ci nutre (o ciò che non ci nutre più).
Potremo così avere accesso ad una grande forma di libertà, quella di decidere cosa è meglio per noi, e lasciar scorrere via ciò che non è più necessario.
La lezione del Colon è chiara, resta a noi impararla!
Alla prossima settimana,
Luca e Nicoletta
Tag: intestino
Il Cervello Enterico
Questa settimana abbiamo parlato delle caratteristiche anatomofisiologiche dell’intestino, e vi abbiamo accennato che la sua relazione con il cervello è particolarmente complessa e stratificata, tanto da essere in molti modi una relazione alla pari. Nel mondo scientifico questo è riconosciuto da alcuni anni, in cui lentamente il concetto si è fatto strada fino a diventare una vera e propria branca delle neuroscienze, ma questa connessione è conosciuta per via intuitiva e simbolica da migliaia di anni in Medicina Tradizionale.
L’intestino digerisce, oltre al cibo, anche le emozioni e i pensieri che si muovono nel nostro corpo, e quando non riesce a digerirli crea tossine, che a loro volta danneggiano, in modo più o meno importante, gli organi e l’intestino stesso.
È intuitivo riconoscere come i pensieri ricorrenti, ma anche l’ansia, la depressione, lo stress, la paura, l’agitazione e il nervosismo possano generare disturbi intestinali di vario genere, come dissenteria, crampi, mal di pancia, stipsi. È vero anche il contrario: disturbi dell’apparato intestinale possono creare tensione, ansia, stress, fino anche ad attacchi di panico.
In questo senso, la fisiologia ormonale ci spiega il perché: la serotonina, che è un neurotrasmettitore, comunemente chiamato “ormone del buonumore”, e i cui precursori sono i triptofani, è prodotta per il 95% di tutta la quantità corporea dalle cellule enterocromaffini dell’intestino (il restante 5% è prodotta nei neuroni serotoninergici cerebrali). Come potete immaginare la serotonina agisce anche, ed intensamente, sulle funzioni intestinali: è implicata infatti nella fitta rete di azioni e reazioni tra sistema nervoso ed intestino. Per fare un esempio, livelli troppo bassi portano stitichezza, livelli troppo alti diarrea.
Se vogliamo semplificare: laddove rinunciamo alla gioia, immergendoci nelle ombre della vita e delle difficoltà, l’intestino inizia a manifestare problemi di diversa natura.
Esso diventa così, secondo una visione psicosomatica, il purgatorio della mente, l’organo in cui si cerca di eliminare in fretta pensieri disturbanti, emozioni troppo intense, rabbia, frustrazioni, fantasie sessuali inaccettabili, violenza, paura, pensieri troppo sporchi, in pratica la nostra Ombra, che non riusciamo ad accettare e tollerare razionalmente, delegandoli al lavoro e alla fatica del corpo.
La nostra mente bassa, l’intestino, si fa carico di esprimere ed allontanare ciò che la nostra mente alta, il cervello, non riesce ad accettare e di cui non può farsi carico, un troppo che non riesce a gestire. Cercheremo allora inconsciamente di nascondere questi pensieri e queste emozioni seppellendoli nell’intestino. Quando il non digerito diventa troppo ingombrante, il nostro secondo cervello inizia a manifestare spasmi, dolori e disagio, che ci parlano della dolorosa lotta intestina, per l’appunto, tra il procedere in avanti ed il tornare indietro, tra lasciare andare e trattenere, tra dentro e fuori.
Queste coppie di forze contrapposte ci raccontano di persone in cui l’espresso e l’inespresso si fronteggiano, e l’aggressività viene rivolta a sé, attraverso il forte dolore provocato dai crampi intestinali.
Attraverso l’esperienza corporea arriviamo a comprendere ed accettare che in noi vivono sentimenti opposti. Diventare consapevoli che esiste un nostro lato ombra, senza necessità di colpevolizzarsi e punirsi, diventa allora un percorso di liberazione e di agevolezza.
Attraverso l’intestino, grazie ai suoi sette metri di implacabile discriminazione, abbiamo la possibilità di riconoscere minuziosamente tutto ciò con cui siamo venuti a contatto, e di separare il nutrimento da ciò che non lo è. Se riflettiamo bene, questa è la stessa attività svolta dal cervello, ad un altro livello: attraverso di esso discriminiamo cosa ci è stato utile e cosa no.
L’intestino, secondo questa chiave di lettura, diventa allora il luogo in cui più di ogni altro elaboriamo i nostri vissuti in termini fisici, con un linguaggio che parla attraverso tensione ed elasticità, dolore e agio, stasi e movimento, e che possiamo imparare a riconoscere e a leggere per conoscerci ogni volta un po’ di più.
Come sta il nostro intestino, se accettiamo di vivere diversamente le nostre emozioni?
Come si comporta se iniziamo a riconoscere i nostri sentimenti negativi?
Abbiamo ancora quei fastidiosi crampi alla pancia, se ammettiamo a noi stessi di essere costantemente a disagio, arrabbiati o confusi?
E, ancora, siamo poi così confusi, se iniziamo ad ascoltare i segnali che ci dà, e a vivere un po’ più “di pancia”?
Siamo sicuri che, dopo aver letto queste poche righe, avrete molto su cui riflettere, o ancora meglio, da digerire: leggere se stessi attraverso il linguaggio degli organi e dei loro significati può sembrare piuttosto difficile, ma in realtà è molto più semplice di quello che appare. Basta ricominciare a sintonizzarsi con le parole della Natura, come fanno i bambini e gli animali, e improvvisamente la nostra mente potrà accedere a una visione più chiara.
Vi invitiamo a provare, e vi aspettiamo lunedì sui social per il prossimo organo!
Luca e Nicoletta